Tutte le isole hanno un fascino misterioso, ma la Sicilia possiede un qualcosa che la rende incomparabile.
L’ho visitata molte volte, attraversandola in lungo e in largo, e non ho mai trovato ciliegie più dolci e succose, cibo più gustoso e persone tanto accoglienti e generose.
Partiamo allora alla volta di Milazzo. E’ certamente uno dei borghi più belli d’Italia, con una posizione strategica per chi voglia recarsi nelle meravigliose isole Eolie (Lipari, Salina, Vulcano, Stromboli, Panarea e le piccole Filicudi e Alicudi).
Milazzo è un borgo denso di storia! Camminando per le sue strade, si incontra nell’aria un crogiolo di etnie diverse, di sapori e di odori che rimangono impressi nella memoria di chi la visita.
La cittadella fortificata di Milazzo è un luogo magico, nel quale mi sembra di ascoltare il canto suadente delle sirene e, ricordi ancestrali, vissuti e immaginari, si addensano negli occhi meravigliati dei viaggiatori.
L’espansione del Castello è stata caratterizzata da influenze greche, romane, bizantine e arabe, finché Federico d’Aragona lo fece divenire sua dimora prediletta.
Alloggio alla Casa Vacanze la “Ninfa”, poco lontano dalla spiaggia e dal Castello.
Stefano è la nostra guida. Magro, occhi profondi e spiritosi, accento siciliano mescolato a qualche piccolo influsso romano. Camminiamo, sa che mi piace la cultura greca, e mi dice che il nome Milazzo deriva dal greco antico Mylai e che deve assolutamente mostrarmi una cosa.
Lungo la spiaggia di Tono, si trova la grotta di Polifemo. Sembra di vederlo il ciclope irriverente, figlio di Poseidone, che scaglia un masso contro l’arguto Ulisse. In fondo questi luoghi è come se li avessi già visti.
I paesaggi si animano in un modo così sorprendente che quasi mi stanca. Il sole mi brucia la pelle scura, ma no! neanche una goccia di sudore!
Andiamo a trovare la signora Giuseppina!
E’ la mamma di Stefano. La casa è accogliente e calda, di quel calore che solo il meridione sa dare. Ci fermiamo finalmente e mi siedo su una comoda poltrona color ocra. La signora sorride. I suoi occhi grandi e neri si posano sul tessuto bianco candido della mia gonna estiva.
“Ma sei di qui?” mi dice. Qualsiasi luogo del sud io visiti, tutti mi ritengono una indigena. Perfino nella moschea di Casablanca, la guida marocchina mi chiese se venissi da Marrakech.
Giuseppina va in cucina e torna con una brioche stracolma di gelato. “Da dove viene questa bontà?” “L’ho presa nella pasticceria qui sotto, Nadir cafè si chiama”. La guardo grata e incredula. Addento, famelica, quella delizia.
Si parla delle sagre: a luglio la sagra del totano, ad agosto la sagra della melanzana e la sagra del pesce fresco. Ho un mancamento per la contentezza, la sindrome di Stendhal del gusto!
La signora è una cuoca sopraffina, le chiedo allora quale sia il piatto che preferisca cucinare. “il falsomagro, il falsomagro!” esclama entusiasta. Non l’ho mai mangiato, così mi racconta di cosa si tratta. Il falsomagro è una fetta di manzo ripiena di un impasto di macinato con l’uovo, il formaggio, il pangrattato, il prezzemolo tritato, il sale, il pepe e un po’ di latte, cotto al forno. Mi invita a mangiarlo la sera successiva.
Ringrazio ed esco alla volta delle Vacanze l “Ninfa” Saverio, il proprietario, mi saluta con l’occhiolino: “Bella giornata?” “Straordinaria!”rispondo.
Mi giro verso la finestra, il sole è una palla rosa che scende verso la notte. L’ho già guardato un tramonto così.